martedì 29 novembre 2011

227. COMPENDIO DELL’ADDIO A LUCIO MAGRI, L’UOMO A SINISTRA DELLA SINISTRA

da Repubblica / Fatto Quotidiano / il manifesto

Lucio Magri, nato a Ferrara nel ’32, già dagli anni ’50 giornalista e politico, approda prima del ’60 al PCI e ne viene espulso nel 1969, per la critica alla strategia del Partito, con lo shock dell’invasione sovietica della Cecoslovacchia, assieme al gruppo de “il Manifesto”, che aveva fondato come periodico nello stesso anno. Ma per lui nel ’79 Berlinguer che va ai cancelli della Fiat, in appoggio a un movimento destinato a perdere, era determinato, senza Luciano Lama ma con la base popolare del Partito: poi con fasi diverse resta in parlamento fino al ’95. Ora a casa Magri nulla pare fuori posto, la collezione del Manifesto vicina a quella dei fascicoli di cucina. Intorno al tavolo di legno chiaro la sua famiglia allargata, Famiano Crucianelli e Filippo Maone, amici sin dai tempi del Manifesto, Luciana Castellina, compagna di sentimenti e politica per un quarto di secolo. Valentino Parlato non c'è. In cucina Lalla, la cameriera sudamericana, prepara il Martini con cura. Aspettando che qualcuno dica che Lucio non c'è più. Da qui s'è mosso venerdì sera diretto in Svizzera, vicino a Zurigo, dal suo amico medico. L'aveva già fatto una volta, forse 2. Però era sempre tornato, non convinto fino in fondo: domenica mattina rassicura gli amici. "Ma no, non preoccupatevi, torno domani". La sera, un tono più affannato e indecifrabile. Lunedì mattina appare sereno, lucido, determinato. Ha scelto. Poi basta chiudere gli occhi. L'ultima telefonata nel pomeriggio, poi il silenzio. Una depressione vera, incurabile. Un buio provocato da un intreccio di ragioni, pubbliche e private. Sul fallimento politico - conclamato, evidentissimo - s'era innestato il dolore privato per la perdita di una moglie molto amata, Mara, suo filtro col mondo. Lucio non sapeva usare bancomat né cellulare, si racconta. Mara oggi sorride dalle fotografie, in color ciclamino nel giorno delle nozze. Un vuoto che Magri riempie in questi anni con le ricerche per il suo ultimo libro, una possibile storia del Pci. Non a caso titola “Il sarto di Ulm”, il sarto di Brecht che si sfracella a terra perché non sa volare, ucciso da un'ambizione troppo grande per i suoi contemporanei. Anche Magri voleva volare e cambiare il mondo, che negli ultimi anni gli appariva un segno intollerabile del fallimento di un’utopia: per la constatazione amarissima della separazione tra sé e la realtà ha deciso di tagliarsi le ali da sé, evitando agli amici lo spettacolo del sangue sul selciato. Aspettando l'ultima telefonata, a casa Magri: Lalla va a fare la spesa per il pranzo, ha ricevuto le ultime disposizioni dal padrone di casa. È stata lei ad assistere Mara nei 3 anni di agonia per il tumore, e poi ha visto spegnersi lui, quasi blindato in casa. Ogni tanto qualche amico. “Che fai, ti lasci andare proprio ora? Ora che esce l'edizione inglese del tuo libro? Dài, c'è ancora da fare.” Ma lui non era convinto. Lucido e razionale, fino alla fine. E poi s'era spenta la sua stella, così scrive anche nell'ultima lettera ai compagni. Arriva Valentino Parlato, invecchiato improvvisamente di 10 anni, accolto con calore. Ancora niente. Ricordi privati e ricordi pubblici, grande giocatore di scacchi, grande sciatore, politico generoso che preparava i documenti e nascondeva la sua firma. Non era un vanesio, non era un mondano. Dietro alla sua foto più seducente, una dedica asciutta. "A Emma, il suo nonno". Neppure Emma, la bambina di sua figlia Jessica, è riuscita a fermarlo. Poi la telefonata. Ultimo capitolo di una vita ora davvero finita che ha segnato per anni il mondo politico e giornalistico della sinistra italiana. L'ultimo viaggio verso Recanati, dove sarà sepolto vicino alla sua Mara. Luciana Castellina s'appoggia allo stipite della porta, tramortita. Il tempo dell'attesa è concluso, comincia quello del dolore. -28/29 novembre 2011-

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