mercoledì 12 maggio 2010

097. cara Gelmini, mi permetta

Gentile ministro Gelmini, le scrivo per complimentarmi con lei che finalmente ha avuto il coraggio di denunciare, in un’intervista, i privilegi concessi alla vera casta italiana: le madri lavoratrici. Annunciando il suo rientro al lavoro in anticipo rispetto ai termini della maternità obbligatoria (che brutta parola: sovietica, quasi), lei ha giustamente invitato le donne, queste scansafatiche impenitenti, a “fare dei sacrifici” senza restare a casa per mesi a girare i pollici. Era ora che qualcuno se ne accorgesse, diamine. In fondo gli uomini quando partoriscono tornano subito al lavoro, e anche per allattare non chiedono mica l’orario ridotto. Diciamolo: l’Italia che lavora l’hanno rovinata i sindacati e le madri. Solo che mentre i sindacati sono i crisi, quelle cialtrone continuano a partorire. Io mi chiedo che bisogno ci sia di quelle maternità che durano mesi, addirittura un anno: lo so per esserci passata, è stato tutto così offensivamente facile. Dopo due mesi sono venuti quelli dell’asilo nido per chiedermi di lasciare lì i bambini, hanno tanto insistito “Venga, abbiamo un sacco di posti liberi, è un vero piacere”. Poi sul lavoro mi sono venuti incontro, si sa che in Italia è così, con tante donne ai posti di comando è chiaro che l’organizzazione è mirata alla famiglia: per evitare che dovessi pulire la scrivania, visto che avevo un po’ sonno perché di notte non dormivo, me l’hanno portata via. Gentilissimi. È stato un periodo d’oro, ero sempre dall’estetista, tutto a spese dell’Inps. Tornassi indietro avrei vergogna, di tutti quei privilegi. Ci pensi lei!
Marina Morpurgo

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