domenica 31 agosto 2014

353. San Satiro e San Sebastiano in via Torino.

Intorno al sacello di San Satiro, fatto costruire dal vescovo Ansperto nell'879 circa, fu edificata la chiesa di Santa Maria tra il 1476 e il 1482 per custodire un'icona miracolosa: committente il duca Galeazzo Maria Sforza e progettista, secondo alcuni, un giovane artista marchigiano, nientemeno che Donato Bramante.
In un'area di piccole dimensioni, sorse un edificio di respiro veramente monumentale: tre navate, la centrale coperta da una volta a botte, con una cupola emisferica all'incrocio con il transetto, su un modello di LeonBattista Alberti.
Il vero colpo di genio è però la soluzione del presbiterio e dell'àbside: non potendo concludere l'edificio con un quarto braccio per la presenza di una strada assai frequentata, fu fatto costruire un finto spazio in prospettiva, con una volta in stucco, profondo meno di un metro, ma in grado di suggerire una profondità molto maggiore, vero antesignano di tutti gli esempi di trompeloeil successivi, anche se in realtà si tratta di un esempio di 'stiacciato' trasferito dalla scultura all'architettura.

Si trova in via Torino lungo il marciapiede opposto a quello di San Satiro. Il corpo cilindrico di questo stranissimo "civico tempio votivo" suggerisce un battistero monumentale di carattere anche neo-classico, dotato di balaustra superiore esterna, ma non è possibile ammirarlo in una prospettiva di ampio respiro, stretto com'è tra la strada e altri edifici, lì incuneato da sempre: la sua singolare imponenza non interrompe con sagrato o piazza il corso stradale.
L’interno, completamente affrescato, risulta spiazzante visto che il volume cilindrico corrisponde a una pianta rigorosamente centrale, ispirata a quella del Pantheon di Roma, con uno spazio dove nessuno degli altari sarebbe normalmente individuabile come quello maggiore. A una ristrutturazione della cupola corrispose pure la creazione di una cripta.
Fondato su un Voto del 1576 per la fine della peste fatto dalla cittadinanza, su progetto mai completato del Tibaldi, venne modificato da Bassi e Mangone: ospita opere lombarde tra il '700 e il '900. Ora è più santuario che chiesa vera e propria e resta proprietà comunale.

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