mercoledì 20 giugno 2018

407. Compendio "La madre di Cecilia" dai Promessi sposi.



Scendeva da una di quelle soglie diretta al convoglio una donna, d’aspetto giovane ma maturo e d’una bellezza non guasta, ma offuscata da un gran patimento e da un abbandono mortale: era il tipo di bellezza che brilla nel sangue lombardo.
L'incedere era affaticato ma non malfermo e gli occhi portavan segno d'aver pianto tanto, per un dolore profondo ma pacato, di un’anima conscia di provarlo.
Ma la pietà che ispirava era anche data dalla bambina che portava in collo di forse nove anni, morta, ma tutta ben accomodata e pettinata, con un vestito candido, come agghindata per una festa.
Non la teneva sdraiata ma seduta su un suo braccio, come fosse stata viva.
Ma una manina bianca come la cera penzolava da un lato e il capino stava abbandonato sulla spalla della madre.
Un monatto volgare fece per levarle la bambina dalle braccia, però con un'esitazione involontaria. E quella, scostandosi senza stizza né disprezzo, disse: "Non toccarmela per ora, devo metterla io sul carro: prendi." E aprì una mano, lasciando cadere una borsa in quella che il monatto le tese. Poi continuò: "Promettimi di non levarle nulla di dosso né di lasciare che altri osino farlo, e di metterla sotto terra così."
Il monatto si mise una mano sul petto, tutto premuroso e quasi ossequioso, più per quell’emozione che ora quasi lo soggiogava, che per l'inattesa ricompensa, e si mise a far un po' di spazio sul carro per la morticina.
La madre, datole un bacio in fronte, la accomodò lì come su un letto, la coprì con un panno bianco e le disse le ultime parole: "Addio, Cecilia, riposa in pace! Stasera verremo anche noi, per restar sempre insieme”.

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