domenica 2 ottobre 2016

397. Vacanza completa del 2009 a Creta.



Il 18 agosto, giornata piena di Iraklion, archeologia, Cnosso, Minosse.
Avrei potuto sognare, la notte seguente, principi dei gigli, colonne rosse, asce bipenni, le corna stilizzate del minotauro, labirinti.
E invece solo falce e martello e la Pivano appena morta.
21 agosto: compiere gli anni a Creta, alle 6 del mattino, non contarli, respirare sotto il sole, tra pietre, sole sfuggente e iodio, al tramonto vento e acqua che lìtigano: un bel compleanno!
Tò Nissì: pomeriggio con l'eco, nell'atrio dell'albergo. Grande spazio arioso con qualche fiato caldo.
Una Bette Midler biondissima e troppo alta, al bancone. Vento nelle tende come alla reggia di Itaca.
Nessun Ulisse, nessuno dei Proci, nessun Telemaco. Ma neppure Penelope si fa viva.
Dopotutto siamo a Creta, ma neppure arriva Minosse: comunque è l'Itaca immaginata.
A Màlia: anfiteatro collinare a mammelle, aperto verso il mare a settentrione, a levante l'immenso fossato di un antichissimo insediamento ritrovato: un enorme scoglio è il suo riparo dal mare rissoso.
Dal rilievo al litorale sabbioso oltre a tracce umane recenti da ignorare, solo canneti, olivi e conifere basse e affaticate: come si fosse da Circe o da Calipso.
A cercare, forse, ci sarebbe pure sesso, ma la vera goduria oggi per me è l'aria e il sole e la voglia di assopirmi nel mito.
Calvarii sorgenti dall'acqua marina, lago e golfo insieme: smerigliato il cielo, grigia la roccia e blu il mare striato.
Grandi bonsai orlano le minuscole spiagge, separandole dalle piccole costruzioni cubiche, quasi ghiaccio seminato in giro, alternate a scalette di varie forme, palme, ulivi e buganvillee.
Rispetto al mare aperto di Creta, in questo posto le imbarcazioni riposano sicure, ma anche con questo vento sottotono, nei locali all'aperto i conti vengono presentati ai clienti "sottovetro". Strani come gli ombrelloni trasparenti: dopo vent'anni via da Creta, ho scoperto Aios Nikòlaos.
Strada nel deserto roccioso da Iraklio a Rètimno: terra e sassi rossi ravvivati da siepi e rovi spontanei, agavi in fiore, pini, fichi e alloro. Capre sbranano in gruppo la pubblicità di cartone di una marca di sigarette: pare un film di Antonioni.
In vista la città, l'antica Castelvecchio, dominata da un piccolo altipiano tutto fortificato in modo prezioso, imponente e spartano, dalla pietra ocra di queste parti.
Capperi, pini marittimi, oleandri, olivi, fichi d'India e palme sopravvivono negli ampi spazi assolati tra un camminamento, una chiesetta, un torrione, uno scavo, un arsenale e mucchi di sfere di marmo.
Da questa fortezza la vista del mare e della cittá e' impagabile.
Ma giù in città si respira allegria, a passeggio per il centro antico, coi porticcioli e le aiole di salvia e basilico nano.
Riviaggiare verso levante intorno alle cinque mi spiace davvero.
Creta ci saluta al sole, con chiacchiere greche, ceke, inglesi e italiane, e una brezza profumata di spezie e aromi.
Il vento da bandierina rossa, stabile da giorni, stamani era svanito.
Mi manchera' la cantilena cretese, tra sardo, croato e veneziano.
E i gatti, sempre un po' rossicci, e i cani da caccia nomadi, socievoli, di ogni colore e taglia, e la presenza a tratti assordante delle cicale onnipresenti, e i colori mutevoli di mare e cielo e quello di rocce e terra.
Si riparte prima dell' alba, dallo stesso atrio della reggia di itaca gia' immaginato il primo giorno.

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